martedì 3 novembre 2009

Dreams not allowed.

Dopo.




Piegato in avanti, posizionato di schiena il paese si ostinava a dire di no, ma oramai non avvertiva più la differenza di spessore morale tra  un endoscopia esplorativa e un avambraccio nodoso. Spengo la lavatrice catodica. Mi scosto dai miei occhi chiusi e avverto il fegato che richiede il caffè, la nausea, fisica, che oramai mi stimola. 
Pompieri e protettori civili correvano, in bicicletta, a salvaguardare i beni artistici.
Quanto sopra arriva, assieme al mio risveglio.
Merci alla rinfusa.



Prima.



La mia spiaggia preferita rimane nella foto, quella presa l'anno dell'estate. L'estate segnata dalla licenza media. Tu, ora ricordo, compravi un vestito, sceglievi il colore assieme a tua madre. Cotone per un mese, quasi trasparente.
Nessuna drammaturgia o infezione ideale,  persino la solita angoscia era meno importante della bassa marea.
Potevo spingermi a chiedere informazioni sulla posizione costante dei miei ricordi. Osservare gambe abbronzate. Tavolini in vimini e dissetati turisti. I miei desideri d'allora, qui. 
E gli odori più densi, meno sanati dall'abitudine. 
La scoperta quasi come il cibo, inevitabile, desiderabile, puro sostentamento.
Cibarie per i sensi e per il mio sesso.
Voglie.
Vortici in cui ci si perde facilmente, senza dar retta.

Che sogno diabolico. Sognare pochi spiccioli.

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